D: Ad oggi sei un costruttore di buona fama, ma non credo che molti siano a conoscenza della tua storia. Quando hai iniziato a suonare? L’ocarina ha avuto un ruolo importante al riguardo? E chi o che cosa ti ha spinto a iniziare a costruire ocarine?
R: Ho iniziato a suonare l’ocarina all’età di 10-12 anni, suonando ad orecchio e senza istruzione assieme a mio fratello maggiore che mi accompagnava alla batteria. Questa esperienza informale ha comunque deciso la mia vita professionale di musicista dedito alla musica classica attraverso il Clarinetto (formato al Conservatorio G.B.Martini di Bologna) ed allo studio autodidattico del Flauto dolce, delle regole del Canto Figurato e Contrappunto rinascimentale.
Docente di queste materie allo stesso Conservatorio dagli anni ‘80 al 2016 e con l’esperienza di moltissimi concerti, di una ventina di pubblicazioni di carattere musicologico e compositivo e di moltissime composizioni strumentali e vocali secondo tecnica rinascimentale e barocca, ripresi improvvisamente e quasi casualmente, nel 1984 a considerare seriamente l’utilizzo concertistico dell’Ocarina e successivamente della sua costruzione secondo i criteri tecnici e musicali della tradizione di Budrio, promuovendo un gruppo di musica tradizionale emiliana dedita a concerti e registrazioni varie in Italia ed all’estero. Negli anni ‘90 fonda l’Ensemble Novecento (settimino di Ocarine di propria costruzione) con cui effettua molti concerti e registrazioni discografiche.
D: Tu costruisci le tue ocarine avvolgendo l'argilla intorno una forma interna, quindi chiudendone l’estremità e formando l’imboccatura separatamente. Quali sono i vantaggi di questo approccio, a confronto con il metodo più comune con stampi in due metà?
R: Ho iniziato il processo di costruzione partendo dalla attenta analisi e misurazioni degli strumenti di lavorazione manuale dei primi costruttori di Budrio, prima dell’ausilio delle presse per l’assemblaggio rapido delle ocarine. Siccome ero intenzionato alla riproduzione di ocarine storiche, ho costruito la mia strumentazione produttiva in quest’ottica atta alla creazione di pochi pezzi con logica artigianale pre industriale. Per quanto mi risulta, la tradizione italiana non ha mai fatto uso di stampi a colaggio in gesso, ma solo coni di legno o metallo e (in seguito, di presse). In fondo, per mia sorte, non ho mai avuto necessità di dover costruire ocarine a livello industriale, da inserire nel mercato commerciale a basso costo (souvenir di Budrio). Il vantaggio maggiore che si ha nel lavorare senza stampi a colaggio, è quello della versatilità costruttiva illimitata, io stesso ho in produzione, con estrema facilità, una quantità enorme di items diversi e in diverse tonalità (praticamente qualsiasi), su scale musicali tradizionali, contemporanee, etniche, antiche, monocamera, multicamera, bitonali, a simulazione di altri strumenti (corni naturali, zampogna italiana) ecc. Ecc.
D: A cosa presti più attenzione nella progettazione delle tue ocarine? Mi piace il loro design ergonomico, in particolare per le multicamera che si mantengono in equilibrio sul pollice destro. Semplificare la diteggiatura sembra anche essere un tuo interesse, ad esempio con il tuo sistema di diteggiatura 'Pacchioni', dove le diverse camere sono intonate con una sovrapposizione.
R: Parto dal principio che la macchina sonora dell’ocarina sia simile a quelle più antiche e blasonate della storia della musica, in particolare dell’Organo a canne e del Flauto dolce e che l’ocarina debba essere convenientemente osservante e derivata dai criteri organologici che guidano la costruzione di questi importanti strumenti, che sono passati al vaglio di tante generazioni di geniali costruttori, solo nel campo del Flauto dolce, suo parente più stretto, possiamo ricordare (Hotteterre, Fornari, Terton, Bressan, Steenbergen) che hanno costruito flauti straordinari, utilizzati dai maggiori compositori barocchi per realizzare le loro composizioni. Naturalmente, la forma globulare ed il materiale utilizzato dell’ocarina, conducono a varianti delle soluzioni atte a farle funzionare al meglio, ma il punto di riferimento qualitativo è fissato nella storia. Partendo da queste premesse e comparazioni storiche, ho maturato le mie logiche qualitative le quali sostengono che non esiste soffio basso o soffio alto, ma soffio ideale, e quando è ideale? Quando il suono che ne esce è stabile, dinamico, espressivo, privo di difetti timbrici, quali risonanze nasali o suono misto a soffio... Insomma tutto ciò che si richiede anche al flauto dolce artigianale di stampo barocco o rinascimentale (non a quelli industriali di plastica). L’Ocarina italiana è uno strumento da luoghi aperti e per questo era (in tempi passati) provvista di un voicing forse eccessivamente largo dal suono brillante e potente, ma poco adatta ad essere utilizzate per musica da camera, io cerco di creare strumenti che siano versatili in questo e do molta importanza al diametro della finestra, al fine di ottenere un suono sufficientemente potente, ma non invasivo, inoltre bisogna considerare che la finestra larga italiana ottiene di fatto un suono ricco di armonici e con un colore ovvero timbro pieno di personalità. Probabilmente, la creazione di cui vado più fiero, resta sempre e comunque la ocarina multicamera-P che spero vada affermandosi come uno standard qualitativo che per le sue caratteristiche di facilità e versatilità, rende l’Ocarina uno strumento che può stare al passo degli altri strumenti a fiato classici, come il Flauto, l’Oboe, il Fagotto, avendo comunque una caratteristica in più che ne fa di lei uno strumento speciale, ovvero la sua prerogativa polifonica che le permette una vasta gamma di bicordi perfettamente intonati che la fa apparire simile a certi aspetti peculiari del più blasonato degli strumenti: il Violino.
D: Le considerazioni ergonomiche dell’ocarina sono complesse. Ognuno ha mani diverse, e c'è anche poca standardizzazione nel modo in cui le persone sostengono lo strumento. Credo che i costruttori progettino solitamente le loro ocarine in base a come loro stessi sostengono lo strumento, e c'è molta variazione in termini di ergonomia tra gli stessi. Credo che queste differenze possono essere un ostacolo per i nuovi suonatori. Quali sono le tue opinioni su questo argomento?
R: Il design deve essere ergonomico, ma non può essere schiavo del concetto commerciale che ne avvelena la qualità e che vuole vendere a chiunque qualsiasi tipo e taglia di ocarina, arrivando, a questo fine, a menomare gli strumenti tagliandone le già povere risorse (derivate dall’essere un flauto tappato alla estremità come gli organi a canne tappate). Le persone con mani piccole non possono suonare strumenti grandi che richiedono dita grosse e forti, così come le persone con mani da gigante non possono suonare ocarine piccolissime... Ma se per ottenere universalità di utilizzo, si manomettono e deturpano le caratteristiche peculiari e fisiche di ogni ocarina, è un delitto stupido che antepone la commerciabilità di un prodotto davanti alle sue peculiarità ottimali. Io sono di una generazione (1947) che ha conosciuto l'Ocarina attraverso la tradizione Europea e non attraverso i cartoons, sarà per questo che le mie preferenze musicali e costruttive vanno in altre direzioni delle nuove generazioni di costruttori.... è un dato di fatto, un imprinting diverso... Ma il mondo è bello per questo, per la sua gamma infinita di varianti e correnti, che finiscono poi, immancabilmente, di fondersi ed arricchirsi l'un l'altra.
Io, come costruttore, ho attinto quasi tutto dalla cultura europea, ma anche, in parte, dalle logiche dei costruttori est-asiatici, e so per certo che alcuni di loro hanno attinto molto da quelle che sono anche le mie fonti e addirittura ad alcune mie personali realizzazioni... È così che va il mondo.
D: Cosa ne pensi dell'ocarina di oggi? Queste sono conosciute in Asia, ma nel resto del mondo non sono ancora molto conosciute, e dove lo sono, l’approccio verso queste sia molto superficiale. So che hai vissuto diversi anni in Brasile. C'è più consapevolezza dell’Ocarina in questo paese?
R: L’ocarina ha avuto, in questi ultimi anni, uno sviluppo eccezionale, moltissimi costruttori di talento producono eccellenti strumenti, quello che resta poco sviluppata è la cultura musicale degli ocarinisti, che non hanno quasi mai un orientamento culturale e tecnico che gli permetta di sviluppare la meglio le loro qualità, restano in balia al commercio che vuole diffondere al massimo i prodotti senza preoccuparsi di creare obiettivi di qualità a cui riferirsi. Credo che molti suonino l’ocarina senza neanche conoscere la musica, o usando espedienti numerici per indicare che dita sollevare dai fori per ottenere qualcosa che assomigli ad una canzone conosciuta... La cultura legata all’ocarina europea del passato era molto più avanzata di quella che vediamo oggigiorno. È un problema universale il fatto che la grande diffusione dell’ocarina non porti ad una parallela diffusione della cultura musicale dai frutti ricchi di valori artistici. In Brasile, paese immenso di quasi 200 milioni di abitanti, ho saputo di una sola persona che era realmente interessata all’ocarina, i miei sforzi per introdurla in ambienti musicali è stata svilita da un disinteresse disarmante.
D: Mi hai detto che secondo te i costruttori italiani non riscontrano molto interesse da parte della comunità di lingua inglese. Qual è la tua opinione al riguardo e come si potrebbe contrastare?
R: Le barriere linguistiche esistono ancora, alla faccia del “santo” Google translate, la diffidenza culturale è ancora viva tra popolazioni diverse.... ma si tratta di problematiche riducibili a fenomeni singoli e non collettivi. Il tuo interesse per la mia esperienza e la mia manifesta disponibilità al dialogo o addirittura a trasmettere la mia esperienza, parlano da sole sull’argomento. Grazie per la intervista e per le domande intelligenti che hai formulato.
Giorgio Pacchioni